Casa di Riposo Gleno: PRIMA DI TUTTO RISPETTO E DIGNITA'

Bergamo -

Al Gleno si è affermato da tempo un sistema autoritario che, a volte, si esprime con una modalità più sottile o più brutale, a secondo del ruolo e della nazionalità dei lavoratori.

In coerenza con la pratica capitalista più feroce dell'era Marchionne, che utilizza il peggioramento della condizione di lavoro  come strumento per recuperare risorse economiche,  la dirigenza della Fondazione sta svolgendo perfettamente il mandato che gli è stato assegnato dalla politica e dalle istituzioni locali e regionali, quando si è deciso di privatizzare la Casa di Riposo e successivamente,  quando si è scelto di affidare a questo consiglio di amministrazione la direzione del più delicato Bene Comune della città: il Gleno.

Probabilmente con la voglia di liberarsi di un problema, le istituzioni hanno consegnato il Gleno praticamente senza porre  condizioni, senza pretendere  reali possibilità di controllo e di intervento in merito alla qualità del servizio e sulle garanzie occupazionali,  utilizzate soprattutto come mezzo di pressione per avere rientri economici tramite il salario accessorio dei lavoratori e più libertà di azione su diritti contrattuali.

Quanto fin qui detto evidentemente non basta, si vuole il controllo assoluto sui lavoratori, sulla loro vita lavorativa e privata.                          In questo contesto si colloca la decisione della direzione di non permettere più un meccanismo di fruizione delle ferie estive a turnazione, ma di sostituirlo con il solo diritto di "chiedere" ed aspettare l'autorizzazione o la negazione delle ferie a discrezione del responsabile del personale.                                                                                                                                                             La contrazione dell'orario di lavoro ha prodotto una riduzione del numero degli operatori e, di conseguenza, un insostenibile aumento del carico di lavoro, la riduzione del numero dei riposi, la non possibilità di fruire dei riposi compensativi arretrati e, ovviamente, una naturale riduzione della qualità del servizio.

La stessa logica di controllo si applica anche quando si impone agli operatori di cambiare reparto di continuo, senza alcuna giustificazione organizzativa e nonostante le più basilari raccomandazioni dell'assistenza geriatrica considerino determinante per i ricoverati avere dei punti di riferimento stabili negli operatori.

 Nessun lavoratore, secondo la direzione, deve pensare di avere  un posto o un ruolo definito, ma essere sempre a disposizione, obbedire e trasferirsi.

Ci preoccupa non poco, visto l'andazzo, l'immaginare cosa potranno ancora inventarsi questi dirigenti, anche in prospettiva del trasferimento nel Nuovo Gleno, soprattutto ora che il "mostro" si sta presentando in tutta la sua bruttezza.                            Come sarà vivere in un alveare circondati da edifici commerciali, residenziali, muraglioni e torri di 45 metri?

A pochi giorni dalle elezioni nazionali e regionali, forze politiche, partiti e coalizioni non hanno speso una parola sul Gleno. Immaginiamo che se l'avessero fatto, non avrebbero potuto che partire dalle loro responsabilità. La responsabilità di aver permesso uno dei più grandi disastri dal punto di vista ambientale e umano che Bergamo abbia mai subito.                                                                                                                   Per quanto ci riguarda continueremo a sostenere i  lavoratori e i pazienti, come sempre abbiamo fatto, anche vincendo battaglie importanti, con ogni mezzo utile, ogni volta che si proverà a toccare i diritti delle persone del Gleno

Allegato l'articolo apparso su Eco di Bergamo.it del 18 febbraio 2013