FIRMATO IL CONTRATTO "UNICO" DEL TRASPORTO AEREO. NESSUNA ASSEMBLEA E REFERENDUM TRUFFA. PRIMI: DATI HA VOTATO SOLO IL 30 PER CENTO

Milano -

Siamo alle solite: Cgil, Cisl, Uil e Ugl firmano il rinnovo del contratto nazionale di lavoro del trasporto aereo andato in vigore il primo ottobre 2014, non organizzano nessuna assemblea per illustrare i contenuti ai lavoratori e dal 9 al 15 dicembre indicono un referendum. Ma che farsa è? Il giudizio dell’USB Lavoro privato è totalmente negativo sia per i contenuti sia per il metodo.

Il trasporto aereo con oltre 10.000 licenziati è un laboratorio di precarietà in cui si licenzia nonostante il settore continui a crescere. Da anni l'USB lancia l’allarme sulla necessità di un intervento generale sul trasporto aereo attraverso strumenti e regole chiare e efficaci e per tutelare i lavoratori dal far west di contratti e dumping sociale che sta portando il settore al collasso. E invece si firma un contratto inaccettabile. Vediamo perché. La paga base, a detta dei sindacati firmatari, viene elevata, con un aumento al 4° livello, di 117 euro in tre tranche: 50 dall’1/09/2014, 50 dall’1/07/2015 e 17 dall’1/07/2016. Viene poi erogata una una tantum di 800 euro per tutti i dipendenti a tempo indeterminato in forza fino al  31/08/2014. Facendo però un rapido calcolo, dopo 4 anni di mancato rinnovo e una perdita forfettaria di circa 4.000 euro, al lavoratore si dà un piatto di lenticchie. Le ex festività, che un tempo venivano anche pagate, oggi si trasformano magicamente in giornate di riduzione di orario di lavoro che possono essere usufruite anche a ore. Altro punto: al solo fine di aiutare un comparto che è ovunque dopato con dosi da cavallo di cassa integrazione guadagni straordinaria, si allunga la prestazione lavorativa settimanale che passa, dal 1° gennaio 2015, da 37,30 a 38,30 ore settimanali. Andiamo avanti: il coefficiente di calcolo della paga oraria passa da 170 a 173. Così facendo il suo valore diminuisce e di conseguenza la maggiorazione notturna, si vanifica quindi il misero aumento economico del rinnovo. Altra norma vessatoria, sempre nel segno della maggiore flessibilità: si innalza il numero dei lavoratori part time che passano dal 40 al 50 per cento del totale, escludendo però i part time “volontari”. Un’ulteriore chicca che anticipa la riforma del lavoro del governo Renzi che si appresta a modificare la già pessima legge Fornero, aumentando la percentuale delle assunzioni a tempo determinato. La clausola sociale, che è un elemento fondamentale nel sistema delle regole del settore, cosi come è definita nel nuovo contratto nazionale, sdogana il dumping sociale, allineando i lavoratori al ribasso, soprattutto perché non è utilizzata quando serve a mantenere l’occupazione, ma dalle società per abbassare il costo del lavoro. Infatti, i lavoratori devono sapere, che in questo contratto si stabilisce che la clausola sociale (dove ancora esiste) viene regolata con la “novazione” del rapporto di lavoro. Vuol dire che in caso di passaggio da una azienda a un’altra, il lavoratore ricomincia da capo il suo iter professionale, viene cioè azzerata la sua condizione maturata precedentemente. La verità è che questo contratto non è un contratto unico (che servirebbe) ma un insieme di spezzettature contrattuali che non garantiscono un miglioramento delle condizioni per tutti. La parte generale definisce solo uno scheletro normativo di tutele, mentre i lavoratori di AssoHandler e Fairo non sono stati chiamati al voto perché la loro specifica parte contrattuale è ancora in alto mare.  Per essere valido un referendum avrebbe dovuto essere sottoposto a un voto per la parte generale e a uno per ogni settore dove è stato sottoscritta la parte specifica (vettori, Atm, Gestioni). Il fatto è che questo contratto serve solo a Cgil, Cisl, Uil e Ugl per ritagliarsi un ruolo negoziale privilegiato che chiude spazi di democrazia e rende i lavoratori più deboli e frammentati.

Per tutte queste ragioni USB ha invitato i lavoratori a non andare a votare o a votare no al referendum dei giorni scorsi. I primi risultati dicono che ha votato solo il 30 per cento degli aventi diritto. Il bello è che Cgil, Cisl, Uil e Ugl cantano vittoria perché ha votato sì il 70 per cento dei vontati, ovvero dire 2.000 lavoratori su 9.000.