Fondazione Conte Busi di Casalmaggiore, USB: Mercoledì 20 Giugno si è tenuto il primo sciopero della sua storia!

Cremona -

La mobilitazione, che prescinde dalla reale adesione allo sciopero dove i lavoratori in turno non hanno potuto assentarsi da lavoro come sarebbe in loro diritto perché una legge "liberticida" quale la L.146/90, a causa degli organici ben più che ridotti all'osso, li obbliga a non poter scioperare e quindi a non poter esercitare questo più che legittimo diritto costituzionale, ha avuto una adesione di piazza che, se si considera il contesto in cui è stata organizzata, è andata al di là delle più ottimistiche previsioni.

Una trentina di persone tra dipendenti non in turno, parenti degli ospiti della Fondazione Busi che hanno dato un supporto importantissimo, non solo fisico o semplici cittadini di Casalmaggiore, si sono date, quasi tutte donne, appuntamento con bandiere e slogan davanti ai cancelli dell'istituto geriatrico per poi mettersi in movimento con un breve corteo verso la sede del comune per un incontro col Sindaco.

Per la prima volta in 5 anni le lavoratrici sostenute dall'USB sono riuscite ad avere un colloquio con chi ha, ferma restando l'assoluta autonomia organizzativa, gestionale e amministrativa dei vertici Busi, la responsabilità politica della nomina del CDA e del Presidente della Fondazione.

Appare evidente che già ben prima della pandemia da COVID19 la presidenza dell'ente, da poco nominata, era impermeabile ad ogni segnalazione di disagio segnalato dalle lavoratrici. All'ingresso della scrivente O.S. nella struttura sociosanitaria la situazione si è palesata immediatamente in tutta la sua gravità: corsi obbligatori non retribuiti ne riconosciuti, mancanza di divise per le lavoratrici costrette a lavorare in tuta, in pigiama o con le vecchie divise lasciate in eredità da chi era da poco andato in pensione, difficoltà a usufruire di permessi e diritto alle ferie, mancato riconoscimento dei tempi di vestizione così come previsto dal Dlgs 66/03, minacce da parte di alcuni livelli intermedi e molto altro ancora. La pandemia è stata poi superata con tutte le difficoltà emerse e comuni a molte altre strutture sanitarie e socio sanitarie lasciando in eredità una situazione che ha dimostrato, come se ce ne fosse stato bisogno, una più che palese incapacità gestionale e organizzativa che si è protratta fino ad oggi peggiorando di giorno in giorno una situazione già complessa che ha portato molte delle lavoratrici storiche o da poco assunte ad abbandonare il Busi alla ricerca di un minore stress lavorativo, anche questo diffuso in altre strutture. Come a voler dire, mal comune non è mezzo gaudio, è banalmente mal comune.

L'attuale mobilitazione, voluta e richiesta da tutte le lavoratrici aderenti all’USB e con le iscrizioni all'O.S. che continuano ad aumentare di giorno in giorno, nasce nell'ultimo mese con la legittima applicazione di un nuovo modello organizzativo dove si palesano però abusi normativi che fanno aumentare la pressione sulle lavoratrici fino a fare saltare il coperchio e facendo emergere la volontà di opporvisi con tutti gli strumenti a disposizione. Nell'ultimo mese sono infatti emersi una serie di altri nuovi problemi che sono veri e propri attacchi indiscriminati alle lavoratrici e ai lavoratori, uniche figure che negli anni hanno fatto del Busi la struttura di eccellenza che moti hanno conosciuto ma che oggi, e non per colpa dei lavoratori, non è più: Ferie pregresse da usufruire che in alcuni casi arrivano a sfiorare i 100 giorni (vuol dire circa 4 anni di ferie maturate di cui non si è mai usufruito), modifica unilaterale di fatto di alcuni contratti individuali (azione illegittima), arbitrarietà nella programmazione dei permessi L.104 per chi ne ha diritto (un abuso da punire), enormi monte ore in credito mai riconosciute né in pagamento straordinario né in ore da recuperare e molto altro ancora.

La situazione si è palesata drammatica fin da subito e, dopo due assemblee molto partecipate, le lavoratrici hanno deciso per lo sciopero alla luce della totale indifferenza del management della Fondazione Busi che ha dimostrato ancora una volta la propria inadeguatezza nascondendosi dietro un presunto accordo siglato con CGIL CISL e UIL di cui le lavoratrici ed i lavoratori, ad oggi, non hanno ancora avuto notizie dalle OO.SS. sempre ben disponibili a correre in aiuto al padrone di turno in palese difficoltà mentre l'USB, nonostante dimostri di avere un'ampia rappresentatività all'interno dell'ente ben superiore ad alcune delle tre sigle sindacali confederali, non viene assolutamente considerata.

Le ultime settimane hanno del paradossale. Il Busi, per bocca dei suoi rappresentanti, ha dichiarato tutto ed il suo esatto contrario, tornado indietro rispetto alla nuova turnazione ma facendo intendere che questo ulteriore passaggio fosse un miglioramento rispetto alla situazione precedente. Condizione da loro creata e voluta solo un paio di settimane prima. La tenacia delle lavoratrici ha già raggiunto questo risultato a cui nei prossimi mesi, si auspica, se ne aggiungeranno altri alla luce della nomina dei nuovi vertici dell'ente che, come ha confermato il Sindaco da poco riconfermato, saranno inevitabilmente di discontinuità rispetto al recente passato. Le stesse lavoratrici hanno esortato il sindaco a fare pressione politica, in quanto di sua competenza, affinché alle lavoratrici iscritte all'USB venga riconosciuto il diritto di essere rappresentate ai tavoli sindacali dall'O.S. a cui hanno legittimamente scelto di aderire così come previsto dalla costituzione italiana e dallo statuto dei Lavoratori.

Per chi scrive, quest'ultima cosa è importante nella misura in cui le parti svolgano in pieno i loro compiti: il sindacato a tutela dei lavoratori e la controparte...fare la controparte. In tale contesto è stato lanciato altresì un chiaro messaggio che, per stare ai tavoli di contrattazione alla stregua dei sindacati compiacenti, si preferisce starne fuori utilizzando gli strumenti conflittuali tipici del sindacato e che non basta convocarci per far cessare di colpo le legittime richieste delle lavoratrici, cambierebbe solo la modalità.

Il futuro non è scritto ma lo si indirizza con la lotta.

La scrivente O.S. non può più accettare che la logica dei pacchi di Amazon, già odiosa in quel contesto, venga applicata ai servizi alla persona e per tale motivo si ritiene opportuno appropriarsi dello slogan del settore di USB Logistica.

Schiavi Mai!

USB Lavoro Privato – Federazione provinciale di Lodi-Pavia