Lodi: morire di caldo e di lavoro nel “civilizzato” nord

Lodi -

Si è abituati a leggere di morti a causa del caldo nelle campagne dove lavorano i braccianti provenienti dall’Africa o da paesi asiatici, cosa di per sé intollerabile e che sembra interessare a pochi: quando muoiono gli invisibili, nel sentire comune, è come se non morisse nessuno. Poi arriva la notizia del vicino di casa che muore dipingendo la segnaletica orizzontale nel ricco e produttivo nord, più precisamente nella città di Lodi, sotto un caldo torrido di quasi 40° e la realtà arriva in faccia come un pugno.

Come si fa a permettere che si possa lavorare con 40°, sia nella raccolta dei pomodori o delle zucchine o come operaio cantoniere o con microclimi interni agli ambienti di lavoro quasi intollerabili?

La vita dei lavoratori va salvaguardata, sempre, attraverso una diversa e più opportuna organizzazione del lavoro, una diversa gestione delle pause così come il loro numero.

Morire di caldo sul lavoro senza che si tenti di porvi rimedio, perché così è, non è molto distante dal venire stritolati da una pressa perché si disabilitano i sistemi di sicurezza così da produrre di più ad un costo più basso, anzi non è affatto diverso, la logica del profitto di padroni senza scrupoli è la medesima.

La legge che istituisce il reato di omicidio sul lavoro è sempre più urgente: USB fa parte del comitato promotore della legge di iniziativa popolare che la vuole inserire nel codice penale.

USB Lodi - Pavia