NO ALLA CHIUSURA DEGLI ISTITUTI PROFESSIONALI IN LOMBARDIA
Rimbalzano sui siti specializzati le dichiarazioni dell’assessore regionale all’istruzione Valentina Aprea, sulla necessità di chiudere gli Istituti Professionali di Stato. Il progetto, dichiarato durante un convegno della Treellle (casualità?) sarebbe quello di dirottare sulla formazione regionale o privata (tanto poco cambia) la numerosissima utenza di studenti degli IP (stimata in 500mila ragazzi e ragazze tra i 14 e i 17 anni), rendendoli così totalmente succubi ad un sistema che non alterna scuola e lavoro, ma inserisce sprazzi di “formazione” in percorsi di lavoro non retribuito e privo di garanzie. Insieme alla creazione di manodopera a costo zero per aziende e industrie, si creerebbe un bacino di migliaia di docenti e personale ATA che dovrebbero trovare nuova collocazione in altri tipi di Istituti Statali, a detta dell’assessore come organico di potenziamento (i docenti), mentre per gli ATA non si pone nemmeno il problema: per la Aprea non esistono. L’assessore non considera però le specificità di alcune discipline non “riciclabili” in altri tipi di scuola!
Luigi Bobba, sottosegretario al ministero del lavoro, appoggerebbe fortemente il piano Aprea, desiderando anzi avocare al ministero del lavoro la formazione professionale, ad oggi parte dell’Istruzione.
Sappiamo bene che quando la Aprea parla, non lo fa da sprovveduta e, soprattutto, non lo fa solo per la Lombardia, ma a partire dalla Lombardia.
USB Scuola Lombardia non accetterà mai la proposta di creare una generazione di 500mila servi abituati allo sfruttamento sin dalla più tenera età, non accetterà mai che 60mila insegnanti perdano il posto e una quantità non definita di ATA (spesso ancora precari) restino disoccupati per consentire al governo confindustriale regionale e al lobbista nazionale di foraggiare i propri interessi, violando il diritto costituzionale allo studio, all’istruzione e al lavoro soggetto alle giuste tutele.
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