Tagli all'istruzione e crolli dei soffitti: questo il modello Lombardo

Milano -

Ieri a Milano, al campus di Bovisa, fiore all'occhiello dell'università lombarda, sede moderna e innovativa del Politecnico di Milano, una delle migliori università del paese, dove i corsi specialistici si tengono in inglese, è crollato il controsoffitto di un'aula affollata di studenti, a causa delle forti piogge. Questo episodio, che, fortunatamente e per puro caso, non ha causato vittime, deve farci riflettere e pone questioni che scavano dietro la patina di Milano città Smart, all'avanguardia, proiettata in Europa e nel mondo globalizzato.

La realtà è che questo è il paese dove si investe una percentuale ridicola del PIL nazionale in istruzione (nel 2015 eravamo trentesimi in Europa, dietro di noi solo la Grecia);  questo è il paese dove da decenni si taglia l'istruzione pubblica, si destrutturano scuola e università; questo è il paese dei finti investimenti, dei progetti di facciata, delle 'scuole belle', per citare un noto quanto inutile progetto del precedente governo; questi è il paese dei tagli alla sanità pubblica e ai servizi essenziali.

Ma questo episodio deve farci riflettere anche su Milano e il suo modello di cui tanto va orgoglioso il sindaco Sala.

Milano è la città che vuole restare agganciata all'Europa, ai paesi che trainano l'economia UE, liberandosi, se necessario, di un Sud sempre più vissuto come colonia interna. Milano è una città ricoperta di patina brillante e produttiva: qui il maltempo non chiude scuole e università; qui le cose sono diverse rispetto a Roma o al supposto degrado del sud del paese; qui il sindaco può permettersi di dire che se lo Stato non investirà nelle Olimpiadi, arriveranno i soldi dei privati, tanto Lombardia e Veneto producono un PIL pari a quello svedese; qui si propongono progetti di regionalizzazione della scuola, dal contenuto secessionista neppure tanto velato.

Al di là della vergognosa impostazione per cui chi è ricco si tiene la sua ricchezza e poco importa del principio di redistribuzione, che pure è scritto a chiare lettere nella costituzione della Repubblica Italiana - e non può essere questo  il contesto per analizzare come e sulle spalle di chi  si è accumulata questa ricchezza, in un paese che ha nella migrazione interna le basi del suo sviluppo -  l’episodio del Politecnico mostra cosa si nasconde sotto la patina brillante della città smart e proiettata nel futuro. Dietro quella patina c'è la speculazione edilizia, appalti pubblici infiltrati da organizzazioni mafiose, un settore edilizio che vede l'operare silenzioso e costante di quelle stesse organizzazioni, che distruggono il Sud e investono al nord. C'è una forbice insopportabile tra ricchi e poveri. C'è la privatizzazione della sanità e l'aumento esponenziale delle liste d'attesa. C'è l'incidente ferroviario di Pioltello, figlio della privatizzazione dei trasporti e le lavoratrici che vi hanno perso la vita. Ci sono gli omicidi sul lavoro; i roghi nelle discariche che ancora una volta ci parlano di mafia; i senza tetto e l'insofferenza per i migranti. C'è il modello Expo che non abbiamo dimenticato. C'è il futuro spostamento selle facoltà scientifiche dell'Università Statale in area Expo, spostamento funzionale alla speculazione edilizia e alla separazione tra studenti e città, tra luoghi del pensiero e luoghi della produzione. C'è un modello che distrugge il corpo sociale e il principio solidaristico in funzione del profitto. C'è un modello che impoverisce i lavoratori e arricchisce chi è già ricco.

USB scuola rifiuta con forza e convinzione questo modello e tutte le distorsioni di cui è portatore e denuncia che essi produce esclusivamente impoverimento del sistema pubblico di istruzione e formazione e più in generale del servizio pubblico, accentua le disuguaglianze e arriva a mettere in pericolo lavoratori e cittadini. È un modello che rapina il territorio ed è nella sostanza distruttivo. Riaffermiamo la necessità di investimenti pubblici nell'istruzione, nella sanità, nei servizi essenziali. Chiediamo presenza dello Stato e non dei privati e della loro logica del profitto.