Teatri, musei e fiere a Milano: cooperative indagate per caporalato e sfruttamento

Milano -

Dopo lo scandalo Securitalia, nuove indagini condotte dall’Ispettorato del Lavoro, dalla Direzione Distrettuale Antimafia e dalla Procura di Milano hanno portato alla luce un sistema di sfruttamento che coinvolge diverse cooperative attive in particolare nel settore culturale.

Le indagini hanno raccolto le testimonianze di lavoratrici e lavoratori costretti a vivere in condizioni di precarietà, pagatə tra 5 e 6,50 euro all’ora. Moltə di loro riescono a sopravvivere solo grazie al supporto familiare o svolgendo più di un impiego.

Nessuno stupore. Da più di un anno conduciamo una lotta dura per una corretta contrattualizzazione e la dignità del lavoro all’interno dei Musei Civici di Milano, dove, pur non trattandosi (più) delle cooperative coinvolte nell’indagine, le condizioni di lavoro non sono dissimili.

Tra le cooperative sotto indagine figurano SoCoMa, la Cooperativa F.E.M.A. e Domina, quest’ultima con committenze dal Comune e dall’arcidiocesi di Milano, oltre che dalla Procura e dal Tribunale, ma anche in diversi musei lombardi, come il Parco Archeologico della Valle Camonica.

La cooperativa F.E.M.A. invece è attiva in diverse regioni del territorio nazionale e fornisce personale per eventi, fiere, teatri, servizi museali e servizi di pulizie e portierato a committenti che risultano essere alcuni dei più importanti enti culturali a livello nazionale e internazionale: Fiera Milano, MiCo-Milano, Mudec, Teatro degli Arcimboldi, le fondazioni del Piccolo Teatro, de I Pomeriggi Musicali e molti altri.

La Procura ha disposto per F.E.M.A. un controllo giudiziario urgente e ha nominato un amministratore giudiziario. Il presidente della cooperativa è accusato di caporalato “per aver reclutato manodopera in condizioni di sfruttamento, approfittando dello stato di bisogno dei lavoratori”.

Una realtà paradossale che svela finalmente, ma solo in parte, il sistema delle cooperative e in particolare dell’industria culturale e dello spettacolo non solo della città ma di tutto il paese. In questo sistema lo sfruttamento delle maestranze, la precarietà strutturale e la frammentazione dei lavoratori sono diventate risorse economiche. Quelle stesse maestranze che rendono possibile il funzionamento di teatri, musei e manifestazioni culturali sopravvivono con stipendi da fame, mentre il pubblico fatica a permettersi i costi sempre più elevati dei biglietti, che rendono la cultura sempre più inaccessibile.

Non va però dimenticato che il “sistema cooperative”, in cui vengono applicati i CCNL più poveri d’Italia (dai servizi fiduciari, vigilanza privata, al multiservizi) quale strumento per vincere con facilità appalti e gare, è direttamente determinato dai committenti.

Sono i committenti, infatti, e cioè gli enti culturali, in larga parte pubblici, come si evince anche dai primi risultati pubblici dell’indagine, a redigere le gare d’appalto, giocando un ruolo cruciale a monte nel definire le condizioni di lavoro a valle. Le gare d’appalto sono infatti strutturate per favorire l’offerta economicamente più vantaggiosa, incentivando a presentarsi con offerte sempre più al ribasso; una dinamica che chiaramente si riversa a cascata direttamente sulla pelle di lavoratori e lavoratrici, creando un effetto domino di riduzione di tutele contrattuali, compressione dei costi del lavoro e retribuzioni orarie sempre più basse.

Costrettə a chiedere di lavorare, a svolgere sempre più ore di lavoro per un salario sempre più basso, sono molte le storie di lavoratori e lavoratrici che hanno subito per anni senza poter alzare la testa con la costante minaccia più o meno velata di ricevere meno turni di lavoro. Questa non è la cultura che vogliamo.

Una cultura libera si costruisce anche e soprattutto difendendo i diritti di chi lavora nell’ombra per portarla alla luce. Non c’è bellezza senza giustizia: riappropriarci di dignità, diritti e lavoro è una responsabilità collettiva che non può più essere rimandata.

Slang USB Milano