TUTTI UNITI PER L'EQUIPOLLENZA

USB sostiene l'iniziativa di domani in Regione degli educatori ai quali, dopo abnni di servizio, è venuta meno la validità del titolo acquisito

Milano -

Di seguito pubblichiamo un testo che spiega il punto di vista degli operatori , condiviso e sostenuto dall'USB, che spiega la paradossale situazione nella quale si sono venuti a trovare dopo il riordino delle professioni in ambito sanitario.

 

'Siamo un gruppo di oltre 400 Educatori professionali che si vede negato l’accesso all’Albo professionale per una mera questione di date di conseguimento del titolo., una legge, la 42/99 ci indica infatti come inadeguati, o per usare un termine tecnico non equipollenti a chi ha una Laurea in educazione professionale.

Martedì 11 settembre, con il sostegno di USB saremo in via Filzi a Milano, per tutta la giornata. In quella data verrà, infatti, discussa una mozione che vuole impegnare la Giunta regionale alla risoluzione di questa situazione che, mette a rischio oltre ai nostri posti di lavoro, lo stesso funzionamento dei servizi soci educativi e socio sanitari in cui operiamo.

Non chiediamo ne sconti ne favori ma solo che venga riconosciuta e sanata la palese ingiustizia di cui siamo vittime.

Abbiamo frequentato percorsi formativi finanziati e promossi dalla Regione Lombardia e ottenuto regolari diplomi.

Abbiamo una formazione equipollente a chi ha concluso prima del 17/03/1999, (la data indicata dalla legge) i percorsi didattici e un sapere indistinguibile a chi ha poi frequentato i corsi universitari sotto medicina. Programmi identici, stesso numero di esami, spesso stessi docenti.

Nonostante questo siamo esclusi dall’iscrizione all’albo e quindi rischiamo di perdere il nostro posto di lavoro, per una norma che non è mai stata completamente attuata.

E’una questione di dignità, non solo nostra ma di tutta la Regione Lombardia, dignità messa in discussione minando la professionalità di operatori formati nell’intento di offrire servizi di qualità ai cittadini lombardi.

Tutti voi, come noi abitate in una città o in un paese in cui sono presenti luoghi dove si costruisce il desiderio di una vita migliore. Strutture in cui a fianco di persone in situazione di fragilità operano da anni professionisti formati da Regione Lombardia che spendono la loro professionalità nell’intento di accompagnare bambini, giovani, adulti e anziani nel loro percorso di vita, un percorso che ha avuto un inciampo e che per questo richiede un supporto.

“Ho ripreso lunedì a lavorare presso il mio Centro i miei guys mi hanno abbracciato, tempestato di domande sulle mie vacanze (nulle), abbiamo passeggiato insieme, riso, ci siamo scontrati, abbiamo lavorato, scherzato e tanto altro in soli questi 3 giorni...perché nel nostro lavoro in soli 3 giorni accadono milioni di cose...Guardavo i miei ragazzi e pensavo alle loro famiglie, alle lotte intraprese insieme a loro, ma sempre per il bene del loro caro...I familiari, i ragazzi sono contenti di me e dei mie colleghi. Ora il piccolo desiderio...io vorrei che coloro, colui, colei che non mi ritiene idoneo a fare l'educatore professionale (dopo 19 anni di lavoro), venisse nel mio Centro e di fronte ai ragazzi e ai loro familiari e dicesse a me e a loro "Non puoi fare l'educatore"”

Questo scrive un collega del gruppo di oltre quattrocento educatori che, rappresentanti degli oltre 2500 professionisti nella stessa situazione, si sta adoperando per cercare una soluzione al problema.

Quel “Non puoi fare l’educatore” non frutto di una valutazione sulle capacità professionali ma di una banale, per quanto stringente, data di calendario, nello specifico quella del 17/03/1999.

Quella è la data limite, lo spartiacque tra un prima ed un dopo tra chi è dentro e chi è fuori, a parità di condizioni, di corsi triennali frequentati, di esami fatti di titolo di studio. La data che la Legge 42/99 ha stabilito come discrimine per definire gli educatori con un titolo equipollente alla Laurea in Educazione professionale, che quindi potendo iscriversi all’albo potranno ancora lavorare, e i rifiutati chi dopo vent’anni dovrà cambiare lavoro abbandonando ragazzi e famiglie al loro destino.

Ci piacerebbe che oltre ad approvare in Consiglio regionale questa mozione, i consiglieri regionali si schierassero al nostro fianco in questa battaglia di dignità e giustizia, di fiducia nelle Istituzioni accompagnandoci nel portare le ragioni nostre e dei cittadini lombardi nelle sedi ministeriali e presso il governo.'