ALLARME ROSSO NELLA SANITA' PUBBLICA E PRIVATA

Milano -

La legge sulla “spending review” porterà effetti pesanti anche in Lombardia, rendendo ancor più difficile, nella crisi, la vita dei cittadini e gettando nell’incertezza migliaia di donne e uomini che ogni giorno lavorano per dare servizi pubblici agli abitanti della nostra regione, nonostante i continui tagli alle risorse economiche.

Concretamente il decreto approvato ieri dalla Camera con il 34mo voto di fiducia sottrarrà 2mila lavoratori agli uffici di ministeri, agenzie fiscali ed enti pubblici quali l’INPS, l’ACI PRA, l’INAIL.

A questi lavoratori, se non hanno i requisiti per andare in pensione secondo le regole ante legem Fornero, sarà data la possibilità di restare a casa per 2 anni, a stipendio ridotto (dai circa 1.200 euro mensili medi a poco più di 900 euro), prima di essere definitivamente licenziati. Per quanti, “più fortunati”, non saranno lasciati a casa, si riduce nell’immediato il valore dei buoni pasto fino a 7 euro (oggi in Lombardia va da 9 a 14 euro, a seconda dell’ente di appartenenza), e non si escludono nuovi interventi sulle tredicesime di dicembre.

 

Per i cittadini gli effetti più visibili riguarderanno i tagli a sanità ed enti locali. Ormai certo il taglio dei posti letto da 4 a 3,7 ogni mille abitanti. Cioè meno 2.700 negli ospedali pubblici lombardi. Qui al danno potrebbe aggiungersi la beffa proprio dalle parole di Formigoni che, dichiarando di voler “solo” riconvertire i posti letto per alta intensità di cura in posti letto per post acuzie e cronicità, di fatto colpisce due volte. Il primo colpo contro i comuni e le Residenze Sanitarie Assistenziali (RSA), cui normalmente si rivolgono i soggetti estromessi dai reparti ospedalieri: su loro nuovi costi senza l’ausilio di maggiori risorse, ma anzi subendo nuovi tagli. Il secondo colpo, ancora una volta, contro i lavoratori, perché gli standard di assistenza sanitaria per posti letto per acuzie sono tali che una riconversione ridurrà in ogni caso personale, secondo i parametri (i minuti) oggi in uso in Lombardia. Attualmente, infatti, per 2.700 posti di specialità intensiva mediamente sono occupati circa 5.200 infermieri. Se quei posti fossero trasformati, ad esempio, in posti di riabilitazione, servirebbero circa 1.400 infermieri, con una perdita secca di oltre 3.800 posti di lavoro.

 

Ancor più pesante la parte di decreto che “riordina” le province. In Lombardia, oltre alla città metropolitana di Milano, sono salve le province di Brescia, Bergamo e Pavia. Entro ottobre si dovrà decidere come riorganizzare le altre nel rispetto del doppio requisito di 350mila abitanti e 2.500 kmq. Ma anche qui, dietro al testo freddo di una legge ci sono persone in carne e ossa.

Nella nostra regione i lavoratori coinvolti da questo processo di “riordino” (soppressione) e nell’insicurezza sono circa 2.800. I cittadini che si troveranno servizi spostati anche a centinaia di chilometri saranno quasi 4 milioni.

 

 

 

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