Il lavoro e la democrazia contro e fuori l'Europa della BCE

Milano 27 Giugno 2012 - Sala Pirelli

Regione Lombardia - Via Fabio Filzi, 22

Incontro internazionale: lotte e proposte per trasformare la crisi del capitale in processo di emancipazione per il movimento dei lavoratori.

 

Milano -

Milano 27 Giugno 2012 - Sala Pirelli Regione Lombardia - Via Fabio Filzi, 22:Incontro internazionale: lotte e proposte per trasformare la crisi del capitale in processo di emancipazione per il movimento dei lavoratori.

Partecipano all'incontro organizzato da USB – Unione Sindacale di Base e Cestes – Centro Studi Trasformazioni Economico-Sociali:

·        LEONIDAS VATIKIOTIS, Professore di Politica Economica alla Varna Free University of Cipro. Collaboratore della Research on Money and Finance della SOAS University of London;

·        JUAN PABLO MATEO TOMÉ, Professore di Economia Politica alla Universidad Pontificia de Comillas, Madrid;

·        IGNACIO MENDOZA PIZARRO,Profesore di Politica Economica al Centro de postgrado en Cencias del Desarrollo, Universidad Mayor de San Andres, La Paz, Bolivia;

·        LUCIANO VASAPOLLO, Professore di Analisi Dati per l’Economia Applicata,Delegato del Rettore per i Rapporti Internazionali con Paesi dell’ALBA, Sapienza-Università di Roma. Dirett. Scient. CESTES_PROTEO, Centro Studi dell’USB.

Coordina e introduce Sandro Sartorio dell'Esecutivo nazionale USB.

Conclude Fabrizio Tomaselli dell'Esecutivo nazionale USB.

 

 

La crisi economica del capitale internazionale, che sta manifestando la sua profondità in questi ultimi anni, origina dai primi anni ’70 come crisi generale di accumulazione. Questa crisi è stata da noi identificata in vari lavori (da oltre quindici anni) come di natura strutturale che assume poi caratterizzazione di crisi sistemica, e pertanto diversa dalle “normali” crisi in cui si dispiega il modo di produzione capitalista, proprio a partire dalla sua condizione intrinseca di disequilibrio.

Indipendentemente dal fatto che la sua profondità si sia evidenziata nelle Borse e nelle pratiche speculative dei grandi sistemi bancari, abbiamo segnalato che non si trattava della classica crisi finanziaria, poiché in tale “normale” situazione non si interrompono i processi internazionali di accumulazione del capitale.

E’ evidente che con le privatizzazioni, con l’attacco al costo del lavoro, al sistema del Welfare, ai diritti, con la finanziarizzazione dell’economia, il capitale internazionale ha cercato di fuoriuscire, o almeno di nascondere,la crisi internazionale che si porta dietro il carattere della strutturalità e sistematicità.

Questa crisi porterà alla realizzazione di un sistema multipolare nel quale gli Stati Uniti dovranno dividere il potere con altre nazioni e questo potrebbe significare l’inizio di un periodo di competizione sempre più aspra a danno come sempre della classe lavoratrice. Cioè ancora una volta l’economia in nome del dio profitto domina e sovra-determina le scelte di politica economica. Oggi il movimento di classe dei lavoratori deve ripartire dall’inversione di tale relazione, rivendicando e praticandola supremazia della politica sull’economia.

Il sistema capitalistico non è arrivato al capolinea ma sicuramente sta attraversando un periodo molto oscuro. Ecco perché la nostra analisi non ha a che fare con una visione immediata di fine del capitalismo per “autodistruzione” e quindi in una sorta di teoria del crollismo. Eppur si tratta di una crisi irreversibile per il capitale internazionale che va al di là dell’esaurimento di un modello di accumulazione capitalista, come è successo nel ’29, e nel provocare una profonda rottura anche in termini di relazioni politiche apre grandi possibilità di cambiamento ,non al semplice modello di produzione ma alle stesse prospettive generali dell’umanità, poiché si rompe definitivamente l’aspirazione alla relazione e al divenire altro soggetto di classe.

Ed è proprio ora che la classe lavoratrice potrebbe cercare di far valere fino in fondo i propri diritti, e questa crisi del capitalismo potrebbe portare a una speranza di cambiamento radicale. In ogni caso, questo compito sarà possibile solo se esisteranno le necessarie condizioni politiche e sociali.

È possibile prevedere una crisi del potere di tali dimensioni, che il vento del cambiamento radicale si infiltri nei suoi interstizi? Non sappiamo se ciò accadrà, né se accadrà. Ciò che possiamo assicurare è l’impossibile esistenza, a medio-lungo termine, del capitalismo.

Ma bisogna dire che in Europa e nel resto dei paesi a capitalismo maturo , al momento non è pienamente sviluppata,stenta a crescere ma si va faticosamente costruendo una organizzata soggettività di classe capace di esprimere direzione del mondo del lavoro ,in grado di portare avanti la lotta di trasformazione radicale del modo di produzione capitalista.

Questa è la strada che da diversi anni hanno intrapreso i movimenti sociali di classe e i sindacati conflittuali nei paesi dell’America Latina, dove si sta attuando concretamente un reale percorso in cui è possibile avviare un programma di transizione verso un processo di superamento della società dello sfruttamento capitalistico.

Ecco perché è seguendo l’esempio , ovviamente in contesti differenti, dei paesi dell’ALBA che si sono sottratti ai dettami del FMI e della Banca Mondiale e alle imposizioni attuate dell’imperialismo statunitense, che si può e si deve lottare per uscire dall’euro, anche proponendo una nuova moneta per Paesi con strutture produttive più o meno simili. Questa sarebbe l’unica alternativa realizzabile oggi concretamente contro la costruzione del polo imperialista europeo,per salvaguardare gli interessi del mondo del lavoro , e del lavoro negato, e ciò inoltre permetterebbe sia di mantenere un margine di negoziazione con le istituzione comunitarie e con la Banca Centrale Europea sia di creare un nuovo blocco politico istituzionale capace di realizzare un modello di accumulazione favorevole ai lavoratori.

Come sempre le sorti della classe lavoratrice non sono in mano alle varie ricette economiche, comprese quelle edulcorate dalle varie facce di un nuovo keynesismo anche di sinistra, ma la soluzione rimane tutta politica e la parola va alle soggettività di classe sindacali e politiche in campo, capaci di proporsi come forze organizzate di una trasformazione per un’alternativa politico-economica e sociale davvero radicalmente anticapitalista.

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