Importante sentenza della Cassazione per i part time Sanità
Lo stipendio è da ragguagliare al livello equivalente a tempo pieno
Irrilevanti i turni. Il principio di non discriminazione impone il calcolo in base ai contratti e non a circostanze di fatto.
Basta discriminazioni contro i lavoratori a tempo parziale. Il principio di non discriminazione stabilito dall’articolo 4 del D.lgs 61/2000 impone che chi opera a part time non debba ricevere dal datore un trattamento meno favorevole rispetto al dipendente a tempo pieno «comparabile». E il termine di paragone non può che essere il collega full time inquadrato nello stesso livello in base alle classificazioni stabilite dai contratti collettivi: è escluso che mere circostanze di fatto possano risultare rilevanti nella determinazione della retribuzione. Lo precisa una sentenza pubblicata il 28 luglio 2011 dalla sezione lavoro della Cassazione.
Pari dignità
Bocciata la tesi dell’azienda secondo cui i lavoratori full time alle sue dipendenze non rappresenterebbero un punto di riferimento valido per l’applicazione del concetto di «lavoratore a tempo pieno comparabile», previsto dal D.lgs 2000/61, vista la continuità e l’avvicendamento dei turni in cui essi sono impegnati: si tratta di circostanze di fatto diverse che non influiscono sui criteri di proporzionalità indicati dalla normativa. Vince la sua battaglia per la par condicio la dipendente impegnata nel part time verticale, dunque con turni giornalieri di otto ore, che lamentava la sperequazione retributiva nei confronti dei colleghi a tempo pieno: il punctum pruriens è il divisore “170” per i turnisti, utilizzato per tutte le voci stipendiali nel suo caso e soltanto per lo straordinario e le indennità nella busta paga dei full time. Risultato: scatterà l’armonizzazione degli stipendi, anche se l’azienda evita le spese processuali.
Per info.
Pasquale Brunacci